La gioia di vivere

Wenn im Unendlichen dasselbe
Sich wiederholend ewig fließt,
Das tausendfältige Gewölbe
Sich kräftig ineinander schließt,
Strömt Lebenslust aus allen Dingen,
Dem kleinsten wie dem größten Stern,
Und alles Drängen, alles Ringen
Ist ewige Ruh in Gott, dem Herrn.

Goethe, Zahme Xenien 6

Zum neuen Jahr (un augurio di Goethe)

Andere schauen
deckende Falten
über dem Alten
traurig und scheu;
aber uns leuchtet
freundliche Treue;
sehet, das Neue
findet uns neu.

So wie im Tanze
bald sich verschwindet,
wieder sich findet
liebendes Paar;
so durch des Lebens
wirrende Beugung
führe die Neigung
uns in das Jahr.

Canta e cammina

Sant'Agostino teologo

Perciò, fratelli miei, cantiamo anche ora, non per godere la quiete, ma per confortarci della fatica. Cantiamo come fanno i viandanti: canta, ma cammina; come per alleviare la fatica cantando, ma senza amare la pigrizia; canta e cammina. Se avanzi vuol dire che cammini, ma avanza nel bene, avanza nella retta fede, avanza nei buoni costumi: canta e cammina. Non divagare, non tornare indietro, non fermarti.

Modo ergo, fratres mei, cantemus, non ad delectationem quietis, sed ad solacium laboris. Quomodo solent cantare viatores; canta, sed ambula; laborem consolare cantando, pigritiam noli amare; canta et ambula. Tu si proficis, ambulas, sed in bono profice, in recta fide profice, in bonis moribus profice: canta et ambula. Noli errare, noli redire, noli remanere. (Sermone 256, PL 38, 1193).

Ardere è più importante che illuminare

tommaso

Come la lucerna non può splendere se non viene accesa con il fuoco, così non splende la lucerna spirituale se non arde e non si infiamma del fuoco della carità. E perciò ardere è più importante che illuminare, perché la conoscenza della verità è concessa unicamente attraverso la fiamma della carità.

Sicut lucerna lucere non potest nisi igne accendatur, ita lucerna spiritualis non lucet nisi prius ardeat et inflammetur igne caritatis. Et ideo ardor praemittitur illustrationi, quia per ardorem caritatis datur cognitio veritatis.

(Tommaso d’Aquino, Super Evangelium Ioannis, caput V, lectio 6)

La penombra

L’irragionevole terrore della penombra, gli alberi che si sfiorano mossi dal vento nel buio del crepuscolo che ormai è già notte, la paura di perdere nell’oscurità il tuo bene più prezioso: questo e altro nella meravigliosa poesia di Eichendorff, scritta all’apice del romanticismo tedesco (1812), nella musica strana e commovente di Schumann, nell’interpretazione praticamente perfetta di Dietrich Fischer-Dieskau. Qui la mia traduzione di servizio, e subito dopo l’insuperabile originale tedesco.

Il crepuscolo vuole stendere le ali,
gli alberi si sfiorano tremando,
le nuvole scorrono come sogni pesanti,
questo terrore, cosa vuol dire?

Se un capriolo ti è più caro degli altri,
non lasciarlo al pascolo da solo;
ci sono cacciatori nel bosco, suonano il corno,
si raccolgono e riprendono il cammino.

Se quaggiù hai un amico
non fidarti di lui in quest’ora:
amichevoli sono lo sguardo e le parole,
ma medita guerra, e la sua pace è inganno.

Ciò che oggi stanco tramonta
sorgendo rinascerà domani.
Molte cose si perdono nella notte:
sta’ in guardia, sveglio e lieto!

—–

Dämmrung will die Flügel spreiten,
Schaurig rühren sich die Bäume,
Wolken zieh’n wie schwere Träume –
Was will dieses Grau´n bedeuten?

Hast ein Reh du lieb vor andern,
Laß es nicht alleine grasen,
Jäger zieh’n im Wald’ und blasen,
Stimmen hin und wider wandern.

Hast du einen Freund hienieden,
Trau ihm nicht zu dieser Stunde,
Freundlich wohl mit Aug’ und Munde,
Sinnt er Krieg im tück’schen Frieden.

Was heut müde gehet unter,
Hebt sich morgen neu geboren.
Manches bleibt in Nacht verloren –
Hüte dich, bleib’ wach und munter!

 

La libertà

“Mi dica, in coscienza, lei può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli ed educarli? Questo non è un uomo libero. Sarà libero di bestemmiare, di imprecare, ma questa non è libertà. La libertà senza giustizia sociale è una conquista vana.”

Gli insegnamenti della vecchiaia

Non è che la vecchiaia insegni qualcosa di nuovo: tutto quello che può dire è esattamente ciò che la gioventù già conosce, e anzi il vecchio stesso si stupisce, a volte, di come quella che a lui sembra una scoperta sia, a ben guardare, qualcosa di ovvio, cui lui stesso sarebbe arrivato anche prima, se solo ci avesse pensato. Ma è come guardare lo stesso oggetto da due posizioni diverse: in una posizione pensiamo che certo, l’oggetto è fatto così, ma probabilmente ci sono dei sensi nascosti che ancora non conosciamo e che gli conferiscono una profondità inaccessibile, che ci proponiamo, con gli anni, di esplorare; nell’altra posizione sappiamo che l’oggetto è fatto così e basta. In un certo senso, invecchiare è solo una perdita del senso di prospettiva. (Resta da stabilire se la prospettiva sia, in generale, ingannevole.)